Estetica ed Etica
La parola greca kalón, che noi traduciamo con “bello”, aveva in realtà un significato più ampio rispetto a quello attuale perché comprende non solo ciò che risulta gradito all’occhio o all’orecchio, ma anche qualità del carattere e della mente umana, qualità morali ed etiche. Gli antichi mantenevano separata la sfera del “bello” dall’arte, perché davano alla bellezza un fondamento più profondo e che può ritrovarsi in tutte le cose dell’universo, dalle manifestazioni della natura a quelle sociali e anche relazionali.
L’uso della parola “estetica” è moderno ed è introdotto nella filosofia grazie anche al contributo di Kant che, per giudizio estetico o “di gusto” non riguarda tanto la sensibilità fisica, che è oggetto della cosa piacevole, quanto il sentimento e il sentire di diverse facoltà trascendentali dell’immaginazione e dell’intelletto (o della ragione).
Anche il filosofo danese Søren Kierkegaard affermava, per conto dell’etica, che “essa è ciò per cui l’uomo diventa quello che diventa. Essa (l’etica) non vuole che l’individuo diventi un altro, ma sé stesso: non vuole distruggere l’estetica, ma illuminarla”. La vita etica, potremmo dire in generale, incomincia quando ci si mette di fronte a una scelta assoluta come la scelta tra il bene e il male, la scelta di indossare o non indossare la mascherina, la scelta di vaccinarsi o di non vaccinarsi, la scelta tra una cosa e un’altra è e deve essere scelta eticamente o eticamente scelta. Il vero individuo etico ha una calma e una sicurezza in sé, perché non cerca solo il dovere fuori di sé ma dentro di sé, riesce a leggersi dentro e a comprendere quanto sia importante agire eticamente, con un alto senso di giustizia. Grazie al Bello, all’Estetica e grazie anche all’Etica possiamo diventare realmente ciò che siamo. Lo affermava anche Giovanni Paolo II quando, in varie circostanze e momenti, diceva “Uomo, diventa ciò che sei!” ed è un riferimento all’oggettività della natura umana a fornire la chiave del saper distinguere (e quindi della scelta) fra bene e male, superando ogni relativismo e ogni “distrazione”.
Il termine estetica (dal greco aisthesis: sensazione) indica precisamente, quindi, sia la riflessione filosofica sull’esperienza del sentire, sia la riflessione filosofica sulle opere d’arte e sul fare arte. E sappiamo benissimo quanto, purtroppo, in questo periodo emergenziale i musei e i centri artistici e culturali in genere hanno sofferto (e fatto soffrire i suoi fruitori!) ed una spiegazione va data a chi, soprattutto, i musei non li frequenta, o li frequenta poco, poiché non darla vuol dire contribuire ad affermare l’idea che della cultura o almeno della sua esperienza fisica, visiva, sensoriale, si possa fare a meno. Non è così!
Questo periodo così difficile, invece, poteva diventare un’occasione per iniziare a cambiare le cose, per rendere i musei più familiari affermandone l’importanza come luogo pubblico, accogliente, etico, sicuro e in cui riconoscere alle persone un ruolo che non fosse solo quello legato alla produzione e al consumo ma di ri-conoscere e ri-conoscersi più in profondità, come vuole l’etica. Siamo pronti a recuperare quanto perso e a fare dell’estetica anche un buon mezzo per giungere ad una vita quanto più etica e quindi felice?
Il testo che vi suggerisco per questa settimana è: Lezioni e conversazioni sull’etica, l’estetica, la psicologia e la credenza religiosa di Ludwig Wittgenstein e a cura di M. Ranchetti, edito dalla casa editrice Adelphi.
L’uomo giunge ad un momento in cui non ha più la libertà della scelta, non perché ha scelto,
ma perché non l’ha fatto, il che si può anche esprimere così: perché gli altri hanno scelto per lui,
perché ha perso se stesso.
– Søren Kierkegaard
Vi auguro e mi auguro di vivere la libertà di scelta tanto cercata ma poco compresa e raggiunta!
*l’immagine utilizzata per questo articolo è Canto d’amore, un dipinto del 1914 di Giorgio De Chirico, esposto al Museum of Modern Art di New York.