Filosofia e politica hanno da sempre camminato l’una accanto all’altra, dalla loro genesi fino ai sviluppi odierni.  Ma cosa sono filosofia e politica?

Per filosofia intendiamo il rinomato “amore per la sapienza”, l’amore inteso come interesse necessario a porre domande, a riflettere sulle nostre concezioni del mondo e sulle convinzioni che fondano la nostra idea di essere e di vita. La parola politica deriva ds  πόλις, città.  La politica è la τέχνη per eccellenza, l’arte di governare la πόλις. L’oggetto della politica è l’indagine dei problemi e delle normative che regolano la società di cui facciamo parte.Sia politica che filosofia sono mezzi che appaiono necessari se si vuol riuscire a conoscersi individualmente e a conoscere la nostra immagine riflessa nella società, nella moltitudine. Sia filosofia che la politica sono tentativo di apprezzarsi, tentativi di ricerca della propria identità. Interessarsi di politica significa interessarsi alla vita e alla società.

Il termine società è stato forse abusato fino al punto di fargli perdere concretezza e valore, fino a trasformarlo in una idea astratta che ci appare distante anni luce. Società è ognuno di noi, che pensa di essere un tassello minuscolo e irrilevante all’interno  della collettività. Ma disinteressarsi della società significa non preoccuparsi di tutto ciò che fa parte di noi, del nostro futuro (ma anche del presente), della nostra esistenza nella sua dimensione collettiva, significa anche non  amare se stessi, non rispettare se stessi, e sfuggire alla conoscenza di sé, a partire da quando ci svegliamo fino a quando chiudiamo gli occhi.  Non possiamo sfuggire al tentativo di conoscenza di noi nella sfera sociale. Ciò è stato affermato già quasi 2400 anni fa dal grande filosofo greco Aristotele nella sua opera “Τὰ πολιτικὰ”. L’uomo è l’animale politico, che non può allontanarsi dal bisogno primario di politica in quanto esso fa parte della sua natura. Ma come mai chi fa filosofia finisce sempre (o quasi) per fare politica?

Il compito di chi fa filosofia, di chi ama la conoscenza, è quello di impegnarsi con costanza nel cercare di orientare la politica nell’ordine civile. La filosofia assume un ruolo non chiave, in quanto aiuta l’individuo ad andare oltre le forme e le sembianze. Anche questo è stato chiarito millenni fa, dal maestro di Aristotele, Platone. Nel mito della caverna, raccontato all’inizio del settimo libro de “La Repubblica”, emerge il grande interesse del filosofo per la politica. L’uomo è schiavo di un ignoranza oppressiva, e le sue catene possono essere spezzate dalla condivisione della retta conoscenza, strumento di liberazione della coscienza. Per interessarsi alla realtà in maniera concreta bisogna acquisire una visione morale che può scaturire dagli studi filosofici, poiché l’interesse che spinge all’esame delle problematiche  interiori dell’uomo non è altro che lo specchio delle problematiche che esistono nei rapporti sociali.

Con l’avvento del pessimismo e degli strumenti che cercano di velocizzare la comunicazione e di dinamizzare l’esistenza  ci troviamo a convivere con una realtà vittima di un meccanismo che non aiuta la riflessione critica, la cui assenza è la causa dell’aumento della noncuranza dei giovani nei confronti del mondo politico. Da Platone, passando per Agostino e Marx  (per citarne alcuni) abbiamo invece la chiara testimonianza che il rinvenimento di una serena percezione etica è  la base per una partecipazione attiva alla vita civile e politica.

Biagio Chiovari, IV E

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