Recensione dell’adattamento
Venerdì 17 marzo ultimo scorso alcune classi del nostro istituto hanno assistito al Teatro Libero di Palermo ad un adattamento teatrale del romanzo “Diceria dell’untore”, di Gesualdo Bufalino.
La regia è stata curata da Lia Chiappara, mentre a recitare sono stati due soli attori, Gabriele Gallinari e Silvia Scuderi.
Il romanzo, ambientato nel secondo dopoguerra, raccontava, soprattutto attraverso la voce narrante autodiegetica, l’esperienza autobiografica dell’autore. Il protagonista è un reduce di guerra che, dopo aver contratto la tubercolosi, viene ricoverato al sanatorio La Rocca, vicino Monreale (dove appunto venivano ricoverati i malati di questa malattia). All’interno della struttura conosce Marta, un’ex ballerina anch’essa ricoverata lì, di cui si innamora. Il romanzo rappresenta l’evoluzione del loro amore, che trasforma un luogo infernale, quale il sanatorio, in un paradiso. Tra gli incontri deliranti tra i due innamorati viene fuori anche il passato di Marta, la quale, in quanto ebrea, aveva cercato di salvarsi dalle deportazioni intraprendendo una relazione con un comandante delle SS, di cui poi si era innamorata; ciò l’avrebbe marchiata a vita come collaborazionista, ragion per cui le erano stati tagliati i capelli.
Travolti dal loro amore, i due protagonisti scappano dal sanatorio: ma, prima che possano assaporare questa libertà, Marta muore di tubercolosi, lasciando il protagonista, ormai guarito dalla malattia, solo ma col ricordo sempre vivo dell’amata.
Il contenuto dello spettacolo di Lia Chiappara è profondo e significativo,offre molti spunti di riflessione agli spettatori e temi su cui è sempre interessante discutere, come quello della malattia — strettamente connesso a quello della libertà, che la malattia finisce col distruggere — quello dell’amore in contrasto alla morte, quello della voglia di vivere e degli orrori causati dalla guerra. Tutti temi che i due attori hanno saputo rappresentare alla perfezione, dimostrando molti anni di esperienza in ambito teatrale, evidenziati anche dalle risposte esaustive date agli alunni al termine della rappresentazione, quando è avvenuto un confronto diretto tra loro e le classi.
Abbiamo notato però che, a causa dell’utilizzo di un linguaggio elaborato e non molto vicino a noi giovani e a un eccessivo ridimensionamento della storia originale, ci è risultato difficile seguire l’intero filo logico della rappresentazione, che peraltro si conclude con un finale ambiguo. Una delle pecche più importanti è, a nostro parere, l’assenza della maggior parte dei personaggi, tra cui il cosiddetto «Grande Mago», ossia il dottore del sanatorio, che appare come figura chiave nello sviluppo dell’arco narrativo del romanzo di Bufalino.
Nonostante ciò, lo spettacolo ci è risultato piacevole e di alto valore educativo e ci ha aperto una finestra di curiosità sullo straordinario romanzo del grande narratore siciliano.
Giuseppe Manzella ID
Marta Zizzo III C