Cosa accade quando la musica incontra la poesia? Avviene un qualcosa di magico, come ci ha dimostrato Guido Celli.
Guido è un poeta, performer, videomaker e musicista nato a Roma nel 1979. In ciò che ha portato sul palco del teatro Butera di Bagheria, abbiamo visto la musica e il teatro affiorare nella voce del poeta. Infatti, l’artista stesso ci ha poi spiegato come già durante la fase immaginativa e compositiva dei testi la rappresentazione orale viene pensata come quasi indispensabile, proprio per concedere la piena comprensione dei messaggi e del linguaggio “usato con sommo scrupolo”. Il viaggio intrapreso attraverso degli estratti da tre poemi proposti da Guido (“Era Solo un Ragazzo”, “Madre Materno” e “Specchio Sorella”) tocca ricordi e cicatrici lasciati da una situazione familiare tutto fuorché facile, situazione vissuta da più persone di quante se ne possano immaginare.
In “Era Solo un Ragazzo” veniamo catapultati in una realtà descritta come una “carneficina”, dove un padre, sovrano indiscusso della casa, assume il ruolo di carnefice, non solo fisico (specialmente della madre, vittima indifesa di continui abusi), ma anche psicologico, dichiarandosi nemico delle “cose buonissime della vita”. Sono molti gli episodi dai quali la figura paterna ne
esce come autoritaria, ossessionata dalla smania di controllo sui figli e su tutto ciò che concerne la famiglia. La cosa più evidente nel pattern del comportamento paterno è quella del voler lasciare un marchio sulle sue “vittime”, che siano lividi o, come spiega metaforicamente Guido in una poesia, inculcando in maniera precisa e violenta come scrivere l’intero alfabeto, che rappresenta il modo di agire nel mondo.

Sarà proprio per il segno lasciato dal padre che il poeta, come moltissime vittime di abusi (familiari e non), non riesce a costringersi a non amarlo, talmente abituato a quella visione di padre ragazzo che fa del suo meglio per portare avanti la
baracca.
In “Madre Materno”, invece, si parla del senso di colpa causato da un amore mai dimostrato, della voglia di poter tornare indietro ai momenti degli abusi vissuti per poter reagire, salvando così la madre. Proprio da quest’ultima, il poeta “sbrana, ingerisce e assimila” la caratteristica da lui più disprezzata, cioè l’amore per la sofferenza e il suo eccesso, che lo porta alla solitudine.
Nonostante il disprezzo per tutto ciò, l’artista non può fare a meno di amarla.
Il conflitto interiore nasce proprio da questa discordanza tra disprezzo della somiglianza e amore per l’amore della madre per il figlio.
Concludendo, con “Specchio Sorella”, vediamo la terza faccia di questa cicatrice ormai chiusa: il rapporto simbiotico con la sorella.

Nonostante il poeta si colpevolizzi per non aver aiutato quest’ultima in un periodo che sapeva fosse incredibilmente difficile anche per lei, il bene profondo che lega i due non ha neanche bisogno di essere esplicitato con parole futili come “ti amo”. Proprio nel rapporto con la sorella, l’artista riesce a ritrovare se stesso e, attraverso gli occhi di lei, un nuovo modo per guardare il mondo.
In conclusione possiamo affermare che il filo conduttore della trilogia della cicatrice è proprio l’eredità lasciata da essa: il modo di affrontare il mondo,insegnato dal padre, il modo di amare il mondo, insegnato dalla madre, e il modo di guardare il mondo, insegnato dalla sorella. Nonostante i temi molto forti, la visione, ma soprattutto l’ascolto, della performance di Guido Celli è
un’esperienza che non può mancare nel proprio bagaglio culturale; fate attenzione, però, a munirvi di fazzolettini se siete particolarmente sensibili.


Letizia Alamia, 3A

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