«Guardate da quale ingiusto male vengo annichilito, spazzato via. Guardate come è ingiusto quello che io soffro». Sono le ultime parole di Prometeo, pronunciate al termine dell’omonima tragedia.

L’11 maggio 2023 è iniziata la 58esima stagione delle rappresentazioni classiche presso il Teatro greco di Siracusa, debuttando proprio con il Prometeo Incatenato di Eschilo. Quest’anno il tema scelto che farà da filone conduttore per tutti gli spettacoli è “Uomini e dèi”.

Una ciminiera in rovina, tubi di ghisa ormai in disuso, un carrello ferroviario: questa la scenografia del Prometeo, regia di Leo Muscato, traduzione di Roberto Vecchioni.

Prometeo, il cui nome significa “colui che vede prima” ha donato agli uomini il fuoco, le arti e soprattutto la speranza, unico appiglio per la condizione di mortali in cui riversano gli esseri umani. E per questo ha scatenato contro di sé l’ira degli dèi, di Zeus anzitutto, che lo ha fatto incatenare ad una rupe in Scizia, regione ai confini del mondo.

Proprio come nella tragedia originale, il protagonista, interpretato da Alessandro Albertin, si staglia sulla scena incatenato ad una ciminiera per tutta la durata della rappresentazione. Sopraggiunge il coro delle Oceanine che alterna canti in italiano ed in greco antico, si presenta quindi Oceano, il quale tenta di persuadere Prometeo a piegarsi all’autorità di Zeus.

Compare dunque sulla scena Io, unico personaggio non divino della tragedia, magistralmente interpretata da Deniz Ozdogan, la quale racconta al titano e al coro la sua triste vicenda: sedotta e resa gravida da Zeus, Io ha attirato contro di sé la furia e la gelosia di Era. Il padre di tutti gli dèi, per proteggere il bimbo che ella porta in grembo, la trasforma in una giovenca ed Era la condanna a vagabondare per tutto il mondo conosciuto perseguitata da un tafano, fino a quando non giunge, per l’appunto, in Scizia. Qui Prometeo le svela il futuro: uno dei suoi discendenti, ossia Eracle, libererà il titano dalla sua pena.

Si presenta infine il dio Hermes, che cerca in tutti i modi di scoprire il nome di chi salverà Prometeo e soppianterà Zeus. Proprio Zeus, che tante volte viene chiamato, invocato nel corso della tragedia, non compare mai sulla scena: egli è al contempo il grande protagonista ed il grande assente del dramma.

L’unicità di questa opera sta nel fatto che Eschilo, uomo di grande religiosità, abbia composto una tragedia costruendo il personaggio di Zeus, la divinità, come “il cattivo della storia” – le sue azioni, degne del tiranno più spietato, suscitano il biasimo dello spettatore – e Prometeo, che si ribella alla sua volontà, il personaggio con il quale entrare in empatia. Lo spettacolo è stato ampiamente apprezzato dal pubblico, accorso numeroso per vivere l’esperienza, unica, di assistere ad una rappresentazione classica in un teatro greco. Esperienza che consigliamo vivamente di sperimentare almeno una volta nella vita: essa incanta ed arricchisce.

Beatrice Brancato IV A

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