Spesso ci capita di parlare di diversità, in più contesti,ma sappiamo davvero di cosa si tratta? 

 Il termine “diversità” assume molti significati nella nostra società, possiamo partire dalla definizione di Treccani per  avere una prospettiva più in linea alla nostra lingua: 

Diversità [lat. Diversitas-atis]
1. L’esser diverso, non uguale né simile
2. In filosofia , termine che indica la negazione dell’identità e che,soprattutto, nella filosofia scolastica, è usato con riferimento a realtà di genere diverso.
3. La condizione di chi è, o considera se stesso, o è considerato dagli altri, “diverso” [omosessuali, disabili, emarginati, ecc…]

Per la nostra società essere “diverso” è un difetto, ma in realtà la diversità è da considerarsi un punto di forza,dal quale si può imparare molto; secondo la filosofia la diversità è una linfa vitale, un’ unicità, fonte di continuo arricchimento.
Ma  “cos’è il diverso?”; la risposta ovvia potrebbe essere “tutto ciò che non è normale”, ma cos’è ciò che noi etichettiamo sotto tale termine? Il significato della parola in questione varia da individuo a individuo come il “diverso”, si tratta infatti di una serie di costrutti sociali notevolmente astratti e provvisori in quanto dinamici.
La  Treccani mette in evidenza  degli elementi che nella società vengono definiti come diversi, ma perché definirli tali? Forse perché rimandano a una minoranza? Ciò che costituisce il diverso fa parte di almeno una minoranza, ma ognuno di noi, in quanto persona, appartiene ad una minoranza; capelli, occhi, pensiero, colore della pelle o cultura sono cose che spesso accomunano più persone che possiedono delle differenze, e quindi, su questa linea di pensiero, è differente anche chi non fa parte di una minoranza, ovvero tutti. Quindi secondo la nostra società, è diverso sia ciò che fa parte di una minoranza ma ,di conseguenza ,anche ciò che non è parte di una minoranza, quando manifesta elementi di diversità e di non conformità.
A volte mi sento dentro un frullatore di idee,dentro il quale non riesco ad allinearmi e spesso a farmi capire perchè per me tutto e tutti sono diversi e, di conseguenza , nulla è normale, quindi per me tutto è diverso e allo stesso tempo tutto è  normale, proprio perchè diverso. 
Al contrario, per un mio amico, una persona che è asociale è diversa e “anormale”, infatti, per lui è normale socializzare e non isolarsi. Questo è solo un esempio  che ci fa anche riflettere perché questo mio amico rappresenta il pensiero della società mentre io rappresento un pensiero nuovo e quasi straniante, che trova fondamento su un pilastro morale cioè il rispetto. 


 Anche per questo mi piace partire dalla definizione di Treccani:

Rispetto [lat. Respectus-us]
1. Sentimento e atteggiamento di riguardo, di stima e di deferenza, devota e spesso affettuosa, verso una persona: r. verso o per i genitori, i superiori, le persone anziane
2. Sentimento che porta a riconoscere i diritti, il decoro, la dignità e la personalità stessa di qualcuno, e quindi ad astenersi da ogni manifestazione che possa offenderli: r. per la persona umana, per tutti gli esseri umani; r. di o per sé stesso, il comportarsi in modo da non offendere il proprio onore, la propria dignità e personalità.

Dalla definizione si capisce che il rispetto è un sentimento ma è anche un modo di comportarsi. Il rispetto dovrebbe sempre essere messo in atto e non solo in situazioni formali, come molti fanno, esso si può applicare nelle piccole cose, rispetto significa mantenere lo stesso comportamento dinanzi a quel che si percepisce diverso (in qualsiasi ambito). Il rispetto, secondo me, affianca l’empatia, infatti, più una persona si dimostra solidale più questa sarà rispettosa. L’empatia in psicologia è un processo secondo il quale una persona riesce a comprendere i sentimenti dell’altra senza l’utilizzo della comunicazione verbale, cioè la comunicazione attraverso le parole.  
Insegnare il rispetto, a mio avviso, è un’arma contro il bullismo e ogni genere di discriminazione.  Il rispetto penso venga messo in atto per professione dalle autorità e dai politici ma spesso molti di essi non lo sanno attuare, come abbiamo potuto notare tante volte negli ultimi anni: essi dovrebbero fungere da esempio per i cittadini, insieme a tutti i personaggi pubblici.

Invito quindi tutti a rileggere e a riflettere sull’art. 3 della Costituzione Italiana: 

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

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